Sandra Ianni

Karkade' & Basilico

Una piacevole bevanda estiva: buona da pensare oltreché da bere. La parola karkadè deriva da karkadeb,  nome con cui la pianta Hibiscus sabdariffa, appartenente alla famiglia delle malvacee, è chiamata in Etiopia. L’infuso di ibisco è conosciuto anche con altri nomi come tè rosso, tè d’Abissinia, tè Nubiano o Acetosa Giamaicana.

E’ una bevanda molto diffusa soprattutto nei paesi caldi, in particolare in Egitto, dove viene consumata sia calda che fredda, perché molto rinfrescante e dissetante, per questo, tradizionalmente nei lunghi viaggi, gli africani ne tengono in bocca un fiore  essiccato.

In Italia il karkadè arriva solo nel XVIII secolo attraverso gli imperi coloniali in Africa.  Tuttavia la reale  diffusione è ravvisabile solo nel 1935 quando, a seguito delle sanzioni economiche inflitte dalla Società delle Nazioni,  il governo fascista nel mettere in atto una strategia fondata sull’autarchia tentò di realizzare un’economia indipendente rispetto alle importazioni dall’estero, e fu così che il tè, prodotto nelle colonie inglesi, venne sostituito con il karkadè. 

Durante le torride giornate estive vi consiglio di gustarlo freddo con abbondante aggiunta di cubetti di ghiaccio aggiungendo, al momento del servizio, un pizzico di foglie di basilico  appena raccolte. L’abbinamento tra la bevanda leggermente tannica e la nota profumata  della pianta aromatica sarà una piacevole sorpresa.

Poiché una tale preparazione non si degusta soltanto attraverso i sensi ma anche attraverso il pensiero vi racconto, mentre la sorseggiamo, la storia del basilico. Il cui nome scientifico Ocimum basilicum, deriva dal greco basileus, cioè erba da re, mentre ocimum  rimanda a profumo, olezzo. Si tratta di una pianta sacra,  legata a tanti miti e aneddoti, ritenuta per il suo intenso profumo tra le più importanti dell’antichità.   Pianta conosciuta oltreché per il suo penetrante aroma anche per le proprietà medicinali e addirittura afrodisiache, come già citava Plinio il Vecchio nel I secolo d. C.

Nel Medioevo  si credeva che nascondendo il basilico nel petto o nelle calze, si potesse trovare l’amore. Alcuni consigliavano di metterne una piantina sul davanzale per allontanare le energie negative. Secondo un’antica usanza attribuita a dame italiane e spagnole di dubbia virtù, il vaso di basilico sul davanzale serviva a rendere noto  ai passanti una molto particolare attività della padrona di casa. Numerose le leggende che descrivono la nascita della pianta  sulla tomba di Cristo o dalla testa di san Giovanni Battista. Il tema viene ripreso anche da Giovanni Boccaccio che in  una sua novella,  narra di una bellissima giovane, di nome Lisabetta da Messina, che si innamora di Lorenzo un povero ma leggiadro garzone. I fratelli della fanciulla, non approvando questo legame uccidono il giovane e lo seppelliscono. Lisabetta apprende in sogno della morte dell’amato, si reca sul luogo della presunta  sepoltura e  trova il corpo del giovane amato, decide così di tagliare la testa di Lorenzo per tenerla sempre con sé in ricordo del giovane. Arrivata a casa nasconde  la testa del ragazzo in un vaso ricoperto di terra sulla quale piange ogni notte. Dopo alcuni giorni ecco fiorire una profumatissima pianta di basilico. 

Simpatico notare che la medesima storia viene raccontata nel napoletano dove cambiano soltanto i nomi, in questo caso il giovane innamorato è Nicola e  la storia ci fa scoprire che ancora oggi a Napoli il basilico si chiama vasenicola, un abbreviazione da l’erba dei vasi di Nicola.

Ritornando al nostro cocktail a base di karkadè ricordo che le varietà di basilico sono circa una cinquatina tra quello genovese, napoletano, greco, nano, rosso, thailandese e tanti altri. Il basilico genovese, dal profumo intenso, è stato riconosciuto come prodotto DOP (denominazione di origine protetta) a partire dal 2008. E’ la coltivazione tradizionale e l’ambiente circostante che consentono, a questo tipo di basilico, l’ importante riconoscimento. Le foglie del basilico genovese si riconoscono perché piccole e con forma ovale dal colore verde tenue. Per quanto riguarda invece il suo profumo è privo della fragranza mentolata, questo lo rende perfetto per la preparazione del famoso pesto genovese.Il basilico napoletano invece, dal sapore delicato, ha una foglia di dimensione media con i contorni frastagliati. 

Il basilico viene utilizzato nella cucina mediterranea in abbinamento ad ortaggi, in particolare pomodori, formaggi, salse e olio extravergine d’oliva. 

Nelle tradizioni popolari, è il simbolo dell’amore terreno. La pianta secca si può utilizzare come incenso, oppure si porta addosso in un sacchettino come amuleto per propiziare l’amicizia e la concordia familiare.

 

 

Sandra Ianni