Vini tra sacro e profano
Appuntamento al festival Laghidivini sulle rive del lago di Bracciano (Roma), in programma dal 24 al 26 giugno, per degustare i vini dei papi: Martino, Innocenzo III e Urbano VIII, quello del Giubileo di papa Francesco ed i vini prodotti dalla comunità monastica ortodossa del monte Athos (Grecia).
Il vino fin dalle origini ha ricevuto dall’uomo la più grande venerazione. Nelle religioni antiche la vite era ritenuta un albero sacro, se non addirittura divino, ed il vino ha assunto una particolare valenza in tutte le religioni monoteistiche. La vite appare, infatti, nei salmi e in numerosi libri della Bibbia, dove per ben duecentoventiquattro volte è citata la parola vino, come un bene particolarmente prezioso, simbolo di prosperità e amore di Dio, bevanda che unisce il cielo e la terra. Profondo è il rapporto tra vino e religione, secondo la concezione cristiana il vino diviene il sangue di Cristo ed è indispensabile per celebrare la liturgia eucaristica. Sacralità, gioia e divinità, il vino rappresenta, nelle differenti culture, un fattore di unione e di comunione degli uomini tra di loro e con Dio. Anche se spesso associato all’atmosfera festiva, tanto nell’ebraismo quanto nel cristianesimo, ne viene comunque condannato l’uso sregolato.
Vista la particolarità di questa antichissima bevanda è veramente molto curioso pensare che durante una kermesse dedicata ai vini, come ad esempio Laghidivini, il festival dei vini prodotti sulle sponde dei laghi italiani, giunto alla IX edizione, che si terrà dal 24 al 26 giugno sulle rive del lago di Bracciano, sarà possibile mettere a confronto vini molto diversi tra loro ma che disvelano un particolare legame quello tra vino e religione, sicuramente una modalità nuova per stabilire il filo conduttore di una degustazione, assaggiando così: Cannaiola di Marta, Cesanese del Piglio, Frascati e vini del Monte Athos.
Infatti durante il festival Laghidivini, al banco d’assaggio associato al lago di Bolsena (VT), si potrà degustare la Cannaiola di Marta la cui storia rimanda a Simon de Brion, eletto papa nel 1281 con il nome di Martino IV, che finì nel Purgatorio, come testimonia Dante Alighieri nella Divina Commedia, per peccati di gola, tanto da morirne come scrissero gli storici pontifici nel 1300: “…per grassezza e indigestione del saporito pesce di lago”.
In relazione al lago di Canterno (FR) sarà possibile degustare Cesanese del Piglio, quel vino che testimonianze certe indicano come il preferito dai papi di Anagni: Innocenzo III e Bonifacio VIII.
In relazione al lago di Albano (RM) sarà possibile assaggiare quel Frascati che recentemente ha ottenuto da papa Francesco l’apposizione sulla bottiglia del sigillo Misericordes Sicut Pater come vino del Giubileo della Misericordia. Quello tra vino Frascati e la Chiesa non è un legame nuovo, bensì vanta un forte legame e radici molto profonde, che si ritrovano in numerosissime testimonianze storiche, infatti le vigne di Frascati sono citate nella bolla di Papa Sergio I del 687 e nella metà del XVI secolo si registrano autorevoli segnalazioni sulla qualità dei vini che producevano quei luoghi.
In generale il legame tra vino e istituzioni ecclesiastiche, nel suo valore teologico più profondo, ha sempre avuto una rilevante importanza nella riflessione di filosofi e mistici durante tutta la storia della Chiesa: da simbolo del nutrimento dell’anima ad alimento per il nutrimento del corpo. Le comunità monastiche e conventuali hanno, pertanto, perpetuato per secoli la coltivazione della vite, che fosse per la produzione del vino da messa o per il sostentamento. E saranno proprio i vini prodotti da una comunità monastica, quella ortodossa di Vatopedi del Monte Athos[1], che in anteprima esclusiva, al festival Laghidivini, sarà possibile degustare, conoscere ed acquistare. A testimonianza di come il vino possa costituire un fil rouge per mettere in comunicazione i territori e le differenti culture.
Ed infine un omaggio ai padroni di casa: i vini del lago di Bracciano, di cui ci giunge diretta testimonianza da parte di Sante Lancerio, il bottigliere di papa Paolo III, che descrive la produzione locale nel XVI secolo dei vini di Bracciano, Anguillara e Cerveteri e soprattutto dell’eccellente vino di Monterano, antico abitato a pochi chilometri dal lago Sabatino, vino del quale oggi, purtroppo, non rimane più traccia, se non la descrizione che anticipa Sante Lancerio come il primo sommelier moderno: … questo vino è tanto buono che a volere narrare la sua bontà et scrivere assai, sarei troppo lungo et non potrei tanto scriverne et laudarlo, quanto più merita essere laudato. In questo vino sono tutte le proprietà che possa e debba avere un vino, in esso è colore, odore et sapore, l’odore di viola mammola, quando comincia la sua stagione, il colore è di finissimo rubino, ed è saporito che lascia la bocca, come se uno avesse bevuto o mangiato la più moscata cosa che si possa. Esso ha una venetta di dolce, con un mordente tanto soave che fa lagrimare d’allegrezza, bevendolo. Esso è digestivo, esso aperitivo, esso nutritivo et cordiale, sicché, secondo me, un Signore non può bere migliore bevanda di questo vino.
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