Cultura Enogastronomica

IL VIAGGIO NEL MONDO DEL CIBO: i fagioli

 

I cibi di cui ci nutriamo raccontano ognuno la propria storia, ma anche quella dell’umanità. Narrano non solo di profumi e di sapori ma anche di viaggi, di esplorazioni, di ricette e di emozioni.

Un cibo che da millenni ci nutre e accompagna la nostra storia, la nostra cultura, è costituito senza alcun dubbio dalle numerose varietà di legumi.   Tra le tante varietà il fagiolo rappresenta la seconda leguminosa più importante al mondo, utilizzata fin dagli albori della civiltà per l’alimentazione umana. I fagioli, stante le particolari caratteristiche nutrizionali, sono stati a lungo definiti la “carne dei poveri”. Nell’antichità erano diffusi nel vecchio continente a partire dall’Africa con il genere Vigna, si tratta dei cosiddetti fagioli con l’occhio, a causa dell’alone scuro che circonda l’ileo. Fagioli conosciuti presso i Greci e i Romani, di cui si rintracciano numerose documentazioni sia nei ricettari antichi, come quello del   cuoco della Roma imperiale Apicio, sia in quelli medievali, come il Liber de coquina di Maestro Martino. Con la scoperta dell’America giunsero sino a noi anche i fagioli del genere Phaseolus, specie coltivate, domesticate e selezionate, nell’area che va dal Perù alla California, dalle popolazioni indigene a partire dal V millennio a. C.  Si racconta che la coltivazione di questo legume americano cominciò a diffondersi in Italia settentrionale, precisamente nel bellunese, intorno al 1530 ad opera dell’accademico Giovan Pietro delle Fosse che ebbe in dono il seme del fagiolo da Papa Clemente VII.  Il Phaseolus soppiantò velocemente il genere Vigna per una serie di peculiari caratteristiche: dimensioni decisamente più grandi, maggior semplicità nel coltivarli e resa quasi doppia. I fagioli “americani” arrivarono sulla tavola dei potenti e sui banchetti papali ma ben presto, a causa della loro diffusione dilagante, vennero progressivamente eliminati dalle tavole dei ricchi per diventare un cibo prettamente plebeo.

Molto rappresentativa della diffusione del legume tra gli ambienti più poveri è sicuramente il dipinto di Annibale Caracci che nel 1500 raffigura “Il mangiatore di fagioli”.

Ma se i nobili disdegnavano questo prezioso alimento prediligendo la selvaggina, i poveri gli attribuivano strepitose proprietà lenitive e afrodisiache nonché salutari. A tal riguardo suona perfettamente in linea la famosa epigrafe tombale di Bertoldo, riportata nella novella di Giulio Cesare Croce (1606), che recita: “Morì con aspri duoli / per non poter mangiar rape e fagioli”.  Ai fagioli era riconosciuta, sin dall’antichità, una particolare valenza simbolica per la loro prerogativa di riacquistare freschezza con la semplice immersione in acqua, erano ritenuti, infatti, simbolo di immortalità. Ma anche sinonimo di umiltà e castità in quanto pietanza molto diffusa nei monasteri, per fare fronte al precetto di non mangiare carne in molti periodi dell’anno.               

 Secondo la revisione apportata nel marzo 2020 dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali oltre alle varietà DOP, costituite dal Fagiolo bianco di Rotonda (Basilicata) e dal Cannellino di Atina (Lazio); alle IGP  che  includono i fagioli Sarconi, Lamon, Sorana e Cuneo, figurano  oltre centocinquanta  tipologie di fagioli inserite nei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) tra cui appaiono i fagioli di Controne (Campania), di Cortale (Calabria) e di Badalucco (Liguria),  il quarantino (Sardegna), il badda (Sicilia), il mascherino (Toscana) e il fagiolo del purgatorio  (Lazio) tanto per citarne alcune varietà. Ogni cultivar presenta particolari caratteristiche di forma, colore, consistenza e sapore. Oltre al piacere che i fagioli ci regalano nella degustazione sensoriale e per l’apporto nutrizionale essi rivelano un importante inno alla biodiversità.

 

 

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