Ben-Essere

Prendiamoci per il naso

Un excursus sul senso dell’olfatto tra modi di dire, analisi sensoriali e riflessioni sociologiche

Avere la puzza sotto il naso (darsi delle arie), restare con un palmo di naso (rimanere delusi), non veder più in là del proprio naso (avere vedute limitate), a lume di naso (senza criteri precisi fidandosi dell’intuito), andare in giro col naso per aria (essere distratti), arricciare il naso (manifestare disapprovazione mista a disgusto, contrarietà, repulsione), farla sotto il naso (raggirare con garbo e arguzia), avere buon naso, ficcare il naso e prendere per il naso. Tanti sono i modi di dire associati al naso ma con il titolo di questo articolo non sto ad invitarvi a prenderci in giro, al contrario vi invito a prendere molto più sul serio il nostro olfatto. Un senso meraviglioso che per molti secoli è stato considerato il senso negletto. Il tutto parte da appena un paio di centimetri quadrati di epitelio olfattivo alla base del naso, una mucosa colma di recettori collegati direttamente con il cervello, al sistema limbico quell’area deputata alle funzioni fondamentali per la conservazione della specie.

L’olfatto è per l’uomo il senso più evocativo, anche se spesso sottostimato, mentre per gli animali è essenziale per la sopravvivenza. Il nostro cervello è in grado di processare all’incirca diecimila profumi diversi in virtù degli oltre cinque milioni di cellule dedicate alla percezione dei profumi, ma questo è poca cosa se paragonato ad altre creature animali. I conigli ne hanno, infatti, ben cento milioni, mentre i cani raggiungono i duecentoventi milioni. Non solo gli esseri umani possiedono un profumo preferito, ma anche gli animali. I gatti, per esempio, preferiscono il profumo della valeriana, i leoni della menta e i cammelli apprezzano quello del tabacco. Si stima che l’uomo possa riconoscere ben 10.000 odori diversi, è assodato che l’olfatto sia 10.000 volte più sensibile del gusto e che se i recettori sono continuamente stimolati dopo un certo tempo non riconoscono più l’odore, dando luogo a quel fenomeno denominato assuefazione.

L’odore e il profumo sono associati al nostro personale bagaglio olfattivo, o memoria olfattiva, alla nostra “profumo-teca” personale, conoscenze che possono essere arricchite dall’esperienza e dall’allenamento. Come ripeto nei corsi di sommelleria ciascuno di noi può migliorare, o allenare, questa capacità iniziando ad usare di più l’olfatto, cominciando ad esempio ad annusare i fiori e le piante in giardino, gli odori del bosco ma anche in casa dedicando del tempo ad odorare tutte le spezie presenti in cucina o semplicemente aprendo il frigo e cominciando ad annusare ogni singolo prodotto: dall’insalata al burro c’è molto da imprimere nella memoria olfattiva.

L’olfatto è il più sensibile dei cinque sensi, stando alle ricerche di settore riusciamo, nel 65% dei casi, a ricordare con grande precisione un profumo, o un odore, anche a distanza di un anno, mentre un ricordo visivo tende a sbiadire, per il 50%, dopo soli tre mesi. Numerosi sono, infatti, gli studi che dimostrano come l’olfatto sia il senso più collegato alle emozioni e alla capacità di ricordarle e che il 75% delle emozioni scattino in reazione a una sensazione olfattiva legata al senso di piacere, di benessere o ad un’emozione. La nostra memoria olfattiva registra, infatti, non solo gli odori ma anche il contesto in cui vengono percepiti; abbina gli odori ad un’esperienza e li associa a connotazioni emozionali, siano esse negative o positive.

Come annusare per poter ricordare meglio un profumo? Alcuni ricercatori hanno stabilito che tra un’olfazione e l’altra debbano trascorrere almeno 12-15 secondi, alcuni analisti sensoriali consigliano dopo tre olfazioni, ed al fine di riequilibrare il sistema suggeriscono di odorare la propria pelle, ad esempio l’avambraccio, riportando così la mucosa olfattiva ad un odore conosciuto e a una temperatura prossima ai 37°C. Sempre secondo alcune recenti affermazioni in tema di analisi sensoriale per memorizzare un odore si consiglia di ripetere a voce alta il nome della sostanza al fine di ancorare l’etichetta semantica (rosa, fumo, basilico)nella nostra memoria.

 Il senso dell’olfatto è il primo di tutti i nostri sensi a svilupparsi. Ancor prima della nascita, infatti, la nostra capacità olfattiva è totalmente funzionante e finita. Il primo senso che il neonato mette in azione è proprio l’olfatto, attraverso il quale riconosce l’odore della propria madre. La sensibilità olfattiva non è uguale per tutti e non è la stessa tra i due sessi. Quella femminile è molto più forte di quella maschile e raggiunge il suo picco massimo in corrispondenza del ciclo mensile di massima fertilità. L’olfatto tende a raggiungere la massima sensibilità durante le fasi finali dell’adolescenza, successivamente inizia a decadere anche se molto lentamente.

Non dimentichiamoci il ruolo degli odori nel campo della riabilitazione neurologica, nell’aromaterapia e nell’aromacologia, nonché nell’apprendimento e di come essi ci aiutino a ricordare, o a rivivere, il passato. A tal proposito interessante è l’iniziativa messa a punto dal museo vichingo di Jorvik dove quotidianamente vengono immessi aromi nell’aria per ricreare i profumi dell’epoca vichinga per dare ai visitatori un’idea dell’atmosfera dell’epoca. Questo non costituisce un esempio unico, la costruzione dei cosiddetti loghi olfattivi è molto fervida in catene di negozi di abbigliamento, hotel, aree wellness e compagnie aeree e fa parte del marketing olfattivo. É assodato che il profumo aiuti a mettere di buon umore e che è fondamentale nella predisposizione agli acquisti oltre che nella degustazione di un cibo o di una bevanda. Nella degustazione il nostro senso olfattivo impatta sul gusto e sul sapore di un prodotto fra il 75% e il 95%. Senza l’olfatto sarebbe addirittura difficile distinguere il sapore di una patata da quello di una cipolla.

Nella storia sociale le sostanze odorose hanno assunto connotazioni diverse legate a pratiche magiche, religiose, di igiene, di salute e anche di distinzione di classe, di razza e di mestiere. Il rapporto umano con gli odori è pieno di contraddizioni, da una parte un odore sgradevole denotava l’uomo peccatore, mentre ai santi si attribuiva un odore gradevole, il cosiddetto odor di santità e anche l’utilizzo dei profumi personali ha obbedito a precisi canoni morali e di eleganza, ma il profumo, essendo un artificio, poteva far cadere pericolosamente nell’inganno, si condannavano perciò tanto le donne che ne facevano uso, quanto gli uomini che inciampavano nella trappola della tentazione.

Anche in campo medico l’olfatto ha rivestito un ruolo fondamentale, come ad esempio nel formulare diagnosi. Si doveva  annusare il malato, ed anche i suoi liquidi fisiologici, e stabilire un confronto tra odori sani e patologici. Un odore intenso poteva combattere le pestilenze e le infezioni oppure l’applicazione di aromi sul corpo poteva addirittura influire sullo spostamento degli organi. Cosa dire poi delle analogie con la Peste nera e gli odori? Le uniche sostanze in grado di combatterla sembravano essere gli effluvi odorosi e le maschere dei medici imbottite di erbe aromatiche e fiori profumati.

Sembra incredibile che ancor oggi, come allora, la mascherina serva a proteggerci dal morbo e che esista una profonda relazione con l’olfatto come ci ricordano i disturbi accusati dai convalescenti da Covid-19 nel riconoscere gli odori o l’assopimento del senso dell’olfatto come sintomo dell’insorgere del virus.

Il tempo passa ma le epidemie rimangono, o semplicemente ritornano, ed il senso dell’olfatto è sempre più spesso messo a dura prova da miasmi industriali e rifiuti puzzolenti. Fortunatamente è anche il senso che ci riporta indietro nel tempo, sovrastandoci e permeandoci di effluvi piacevoli ed indimenticabili.

É proprio questo duplice aspetto che rende l’olfatto il più intrigante e sorprendente dei sensi.

Ricordatevi come affermava lo scrittore Patrick Suskind nel romanzo Il profumo: “Chi domina gli odori, domina il cuore degli uomini”. Meditate gente, meditate!

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