Il giardino delle Amadriadi

Amadriadi: le ninfe degli alberi

Durante l’infanzia non facevo che chiedere a mia nonna di raccontarmi storie ambientate nel bosco. Le mie favole preferite avevano come protagonisti i suoi abitanti, fossero essi animali, piante, gnomi, folletti o fate. Il fascino che mi trasmetteva la realtà del bosco crebbe insieme a me. Tuttavia, solo con la maturità, imparai a intuirne l’anima; a capire il valore del silenzio,

che il bosco esige, e l’importanza del rispetto di un equilibrio così ricco ma, al tempo stesso, così fragile.

Ritrovare il contatto con la Natura per me è stato fondamentale e ragione di un grande rinnovamento interiore. Oltre alle riflessioni che la natura evoca, al condividere la compagnia e la bellezza delle piante, mi piace studiare e curiosare tra le tante materie e discipline che le riguardano: dall’etnobotanica alla naturopatia.

Siano esse eduli o decorative, selvatiche o coltivate, rimedi naturali o semplicemente esseri viventi da ammirare e ringraziare, le piante rappresentano nella mia vita un aspetto di rilevante importanza.

Le Amadriadi, il cui significato è coesistente con gli alberi, per gli antichi Greci, erano indissolubilmente legate ad essi. Nascevano con l’albero, proteggendolo per tutta la vita, e morivano con esso. Tra gli argomenti che più mi affascinano vi è quello relativo al rapporto tra piante e miti. Sin dall’antichità si riteneva che le piante avessero un carattere, un’anima e che nascondessero un mondo magico e simbolico. Ad esse venivano legate alcune particolari figure mitologiche, divinità della natura come ad esempio le ninfe. Ciascuna strettamente correlata ed identificata con determinate località (fiumi, monti, boschi, mari…) o ad uno specifico albero come nel caso delle ninfe degli alberi cioè le Amadriadi.

Venivano rappresentate con il busto di una giovane e bella fanciulla e con la parte inferiore del corpo come un tronco d’albero. A differenza delle driadi, ninfe immortali del bosco, le amadriadi oltre ad essere mortali non potevano abbandonare la pianta a loro assegnata, se non per il tempo strettamente necessario a svolgere un rito.

Il poeta greco Callimaco[1] narra che il temperamento delle amadriadi variava in base al tipo di albero posto sotto la loro protezione, e che queste pagavano in lacrime la caduta delle foglie ed esultavano di gioia per l’arrivo delle piogge primaverili.

Esistono molte leggende sulle amadriadi, alcune delle quali insistono sul potere vendicativo che queste ninfe erano in grado di esprimere verso coloro i quali minacciavano, o tagliavano senza permesso, gli alberi che le ospitavano. Tra le amadriadi più note, figurano quelle indicate da Ateneo di Naucrati[2] che ne cita ben otto, tutte figlie di Oxylo e di sua sorella Hamadryas, e ad ognuna specifica la pianta a cui è associata e dove essa risiede: Caria nel noce, Balano nella quercia, Kraneion nel corniolo, Orea nel faggio, Aegeiros nel pioppo nero, Ptelea nell’olmo montano, Ampelos nella vite e Siche nel fico.                                                                                    

Sulle amadriadi non poteva astenersi il grande poeta romano Ovidio[3] citando soprattutto Driope e Euridice. Quest’ultima senz’altro la più famosa tra tutte le amadriadi e sposa di Orfeo, cantore che piegava al suono della sua lira gli animali e tutta la natura. Le amadriadi fanno la loro comparsa non solo nella letteratura classica ma anche in quella degli ultimi secoli. Sono citate nel poemetto di Edgar Allan Poe[4] intitolato Sonetto alla Scienza eben descritte nell’opera fantasy Le cronache di Narnia di C. S. Lewis[5].

Le amadriadi non sono soltanto creature particolari legate agli alberi immortalate nella letteratura antica e moderna ma costituiscono, soprattutto, un’occasione per riflettere sull’incessante mutare e trasformarsi della natura, in cui l’immaginario trova un luogo ricco di suggestioni, capace di esprimere e di affascinarci in ogni epoca.


[1] Callimaco, poeta e filologo greco di età ellenistica (IV secolo a.C.) che secondo la tradizione avrebbe scritto più di ottocento libri, su disparati argomenti dalla storia all’etnografia, tra cui Inno a Delo.

[2] Ateneo di Naucrati, scrittore egizio dell’età imperiale (II secolo d.C.) probabilmente grammatico, studioso e profondo conoscitore della Biblioteca di Alessandria, considerato che nei suoi scritti cita circa settecento autori e duemilacinquecento opere che erano conservati ad Alessandria.  L’unica opera giunta a noi è la miscellanea I Dipnosofisti o I dotti a banchetto, redatta in quindici libri, materiale che ha permesso di apprendere molte importanti informazioni sul mondo antico e su molti autori, inclusi i poeti Archestrato di Gela, Matrone di Pitane e il medico Androne i quali senza Ateneo sarebbero rimasti totalmente sconosciuti.

[3] Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio (43 a.C.-18 d.C.) poeta romano, tra i principali esponenti della letteratura latina e della poesia elegiaca. Ha influenzato, nei secoli successivi, numerosi poeti e letterati, nonché offerto ispirazioni a pittori e artisti.  Illustre, già presso i suoi contemporanei soprattutto per l’opera Metamorfosi, caratterizzata da una sorta di racconto nel racconto, grazie al quale il poeta trasforma i personaggi “narrati” in personaggi “narranti” che raccontano vicende proprie o altrui.

[4] Edgar Allan Poe (1809 – 1849) considerato uno dei più grandi e influenti scrittori americani della storia,

[5] Le cronache di Narnia (titolo originale in inglese: The Chronicles of Narnia) è una serie di romanzi high fantasy scritta da Clive S. Lewis, una delle più popolari opere letterarie del XX secolo

                                                

          

 

 

 


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