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DIARIO CULINARIO DURANTE LA QUARANTENA Farinata di ceci: la felicità è servita!

Ingredienti: 90 g di farina di ceci bio, 300 g di acqua, 4 cucchiai di olio evo, una macinata di pepe nero, un rametto di rosmarino e sale q.b.

Preparazione: preparare un composto molto liquido con acqua e farina di ceci, aggiungere due cucchiai di olio e un pizzico di pepe.  Lasciar riposare per tre ore, si suggerisce di mescolare ogni tanto. Al termine versare in una teglia delle dimensioni di  20 x 30 cm circa, foderando il fondo con carta forno. Mettere i due restanti cucchiai di olio, un’altra macinata di pepe nero e qualche aghetto di rosmarino. Infornare per 15 minuti in forno caldo a 220 C°. Quando di presenterà croccante e ben cotta sarà pronta per essere mangiata calda.

Abbinamento:  Pignoletto  spumante o spumante rosè

Riflessioni: Risultato strabiliante e preparazione facile. Da provare!

Briciole di storia:   Farinata di ceci, altrimenti nota come “cecina” o “fainà” oltre a essere una preparazione tipica toscana e ligure è diffusa in tutta Italia e nel Mediterraneo. Una delle tante leggende  che la riguarda risale al periodo delle Repubbliche Marinare, e narra che l’attuale farinata  sia nata nel 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia di Meloria. Al ritorno dalla battaglia, le navi genovesi si trovarono coinvolte in una tempesta ed alcuni barili d’olio e farina di ceci si rovesciarono bagnandosi d’acqua salata. A causa della scarsità di provviste, fu recuperato tutto il possibile e ai marinai fu servito quel miscuglio di ceci ed olio che questi, nel tentativo di rendere meno sgradevole, misero ad asciugare al sole fino ad ottenere una sorta di frittella. A terra i genovesi perfezionarono la ricetta di fortuna rendendola la specialità che gustiamo ancora oggi.

Curiosità sui ceci : l nome scientifico “cicer arietinum” deriverebbe dalla parola “aries” (ariete) che sta ad indicare la forma del seme. Presso i Romani il termine “cicer” era anche un soprannome (cognomen) dato a chi aveva sul volto un’escrescenza a forma di cec. Fu per questo che il celebre oratore Marco Tullio Cicerone venne così appellato.          Al cece, inoltre, sono  legati i “Vespri Siciliani”, la rivolta popolare scoppiata a Palermo nel 1282 per porre fine al dominio Angioino. La parola ceci in dialetto ciceri  veniva fatta pronunciare a chi era sospettato di essere francese, e se l‘accentatura cadeva nella “i” finale, si desumeva trattarsi di uno straniero da passare di spada. 

 

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