Cultura Enogastronomica

MOSTACCIOLI. Le differenti declinazioni di un biscotto della tradizione regionale italiana

I mostaccioli sono i dolci più significativi della mia infanzia; un tempo erano preparati da mia nonna, a ridosso delle festività natalizie, oggi li preparo in casa come se fosse un rito, un momento per far rivivere le emozioni del passato, inondando l’intera casa ed anche le scale condominiali di un dolce profumo di biscotti e di miele.

Gli ingredienti sono semplici: farina, miele, noci, vino bianco, olio extravergine di oliva, buccia d’arancia e pepe nero. Dopo averli impastati vanno stesi e poi tagliati, a forma di rombo, dopo aver impresso sulla superficie con l’apposito stampo. Ecco quello della mia famiglia, realizzato in legno di castagno, con motivi floreali e simboli religiosi databile attorno al 1850.

Tuttavia la storia del mostacciolo non attraversa, certamente, solo il tempo di qualche generazione ma affonda le proprie origini molto lontano. Storicamente il nome mostacciolo rimanda ad una focaccia nuziale latina: mustaceus o mustaceum (dal latino: specie di dolce, derivante di mustum cioè mosto), ottenuta impastando la farina con mosto, lardo, formaggio, anice e cuocendo il tutto su foglie di alloro.

Tale focaccia costituiva una pietanza ben presente nella cultura romana da Catone, con la ricetta dei mustacei riportata nel De agri cultura, ad Apicio, cuoco della Roma imperiale, con la testimonianza di una ricetta più sofisticata ed accompagnata al prosciutto nel De re coquinaria, senza trascurare le citazioni di mustaceus in Cicerone e Giovenale.

In epoca tardo medievale il termine assume il suffisso olo, forse a seguito della trasformazione da focaccia a biscotto, diventò mostazolo come rintracciabile nel manoscritto anonimo di cucina medievale scoperto dalla ricercatrice Anna Martellotti[1]. Il mostazolo compare anche nel testo di cucina Western 211 del Wellcome Institute for the History of Medicine di Londra, un manoscritto databile intorno al tardo Quattrocento nell’Italia meridionale, la cui ricetta prevedeva: farina, pepe, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, ambra grigia, lievito e un liquido non ben precisato.

Dolci indicati con i termini mostazzoli e mostaccioli figurano, intorno alla metà del Cinquecento, nell’opera di Cristoforo Messisbugo, maestro di cerimonia e cuoco presso la corte estense e quella dei Gonzaga, autore di un trattato di costume dell’epoca: Banchetti, composizione di vivande ed apparecchio in generale pubblicato postumo nel 1549 [2].

Nel 1557 il mostacciolo compare nella ricetta di Alessio Piemontese, autore di Secreti, un volume di ricette medicinali e consigli tecnici che ebbe notevole rilevanza, così li descrive: …mostaccioli Napolitani, nobilissimi per ogni gran principe, che sono soavissimi al gusto, confortano lo stomaco et fanno ottimo fiato. Fra i tanti ingredienti per realizzarli figurano zucchero, farina, cannella, noce moscata, zenzero e pepe.

Le ricette e le attestazioni sui mostaccioli si moltiplicano nel corso degli anni, da un lato sembrano confermare l’origine medievale del biscotto, seppur con varianti significative nelle diverse tradizioni regionali, dall’altro sembrerebbero slegare definitivamente il dolce dal composto originario, il mosto, appunto, cui pure deve il nome.

Alcune ricette di mostaccioli sono presenti nei trattati cinquecenteschi di Bartolomeo Scappi, cuoco personale del papa Pio V ed autore di Opera (1570), considerata la summa della cucina rinascimentale, in cui riporta le ricette dei mostaccioli alla milanese[3] e dei morselletti[4].

Sul finire del Seicento il cuoco e letterato Antonio Latini descrive ricette di mostaccioli con cedri canditi, mandorle e glassa di zucchero.

Il napoletano Vincenzo Corrado, detto il cuoco filosofo, nell’opera  Il Cuoco galante (1773) inserisce alcune ricette di mostaccioli riportandone due varianti speziate.

Estrapolando i tratti comuni a tutti i significati italiani che rispondono al significante mostacciolo, si può generalizzare e stabilire che si tratta di un biscotto dolce e speziato, di forma quasi sempre romboidale, di dimensioni variabili, dai cinque ai quindici centimetri per lato. L’impasto è sempre abbastanza duro, compatto, e perciò particolarmente indicato per una lunga conservazione. Le differenze principali, invece, riguardano il tipo di dolcificante adoperato: mosto, vino di fichi, miele o zucchero, e la presenza, o meno, di una copertura di glassa.

Tuttavia non esiste un dolce che abbia avuto una diffusione così trasversale in tutta la penisola come i mostaccioli. Lombardia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, sono davvero tante le regioni che ne rivendicano la primogenitura e che li hanno inseriti nell’elenco dei P.A.T. (Prodotti Agroalimentari Tradizionali).

Tra le varianti regionali si segnalano in Piemonte i mustaccioli di Revello (CN), biscotti romboidali a lunga conservazione che vengono impastati con il mosto di Barbera.

Il mostacin (o mostaccino) lombardo è un biscotto a losanghe molto duro e sottile preparato con farina, zucchero, uova e molte spezie, fra cui pepe, cannella, chiodi di garofano e anice mentre il mustazzol ferrarese è simile al più celebre panpepato di cioccolato arricchito dalla frutta candita.

A Piancastagnaio, in provincia di Siena, i mostaccioli sono impastati con farina, miele, uova, noci ed olio d’oliva.

A Cascia (PG) si possono gustare preparati a base di miele e frutta secca, sono detti anche mostaccioli umbri che la tradizione vuole che la nobildonna romana Jacopa de’ Settesoli [5] li offrì a San Francesco quando, nel 1219, questi arrivò a Roma. Secondo la leggenda, i dolci piacquero talmente tanto che il Santo gliene richiese altri in punto di morte.

Nel Lazio nell’area della Tuscia Romana, ed in particolare a Bracciano, la forma del mostacciolo[6] è rigorosamente romboidale, ottenuta con apposito stampo inciso su legno, e gli ingredienti sono: vino, miele, olio, farina, noci o nocciole.

I mostaccioli napoletani presentano la classica forma a losanga, l’impasto è a base di farina, zucchero, mandorle e cacao. L’aspetto è glassato, talvolta ripieno di frutta candita e cioccolata, quasi sempre speziato. Insieme a roccocò, raffiuoli, susamielli e struffoli figurano tra i dolci caratteristici del Natale napoletano.

I mestacciole in Abruzzo presentano un ripieno di marmellata di uva nera. Mentre i mustazzuèlo nell’area di Taranto e i mustazzuelu, o mustazzolu, nel Salento sono preparati con il cotto di fichi e non con il mosto d’uva.

In Calabria i mustazzoli si distinguono innanzitutto per la forma, che è assai varia e può essere romboidale o prendere l’aspetto di un santo, un animale, un fiore, o ispirarsi a simboli arcaici o antropomorfi. L’impasto è preparato con farina, miele o mosto cotto, spezie e tra le preparazioni più celebri figurano quelli di Soriano Calabro e non mancano mai nelle fiere e feste di paese.

I mustazzoli siciliani hanno come forma più diffusa quella romboidale e prevedono un impasto piuttosto duro di farina e vino cotto di mosto, nel catanese settentrionale e nel messinese orientale contemplano un impasto ricco di mandorle e uova.

I mustazzolus campidanesi[7], diffusi soprattutto nell’Oristanese, sono costituiti da un impasto di acqua, farina, lievito, zucchero, cannella e scorza di limone; dalla classica forma romboidale, parzialmente ricoperti di glassa.


[1] Vedere: Anna Martellotti, I ricettari di Federico II. Dal “Meridionale” al “Liber de coquina”  Leo S. Olschki editore, Firenze, 2005

[2] Questa la ricetta di Messisbugo per realizzare i mostazzoli: … piglia di cedro confetto tagliato minutamente libre tre, di Mele collato libre cinque, di Pevere cinque ottavi, di zaffarano scrupulo uno, di cinnamomo tre quarti d’oncia, di muschio tre grani, di farina tanto che basti ad impastare dette robbe. Poi farai i mostazzoli grandi, et piccioli, come a te piacerà. Piglisi quindeci uove fresche, et battanosi in una cazzuola, et passinosi per lo setaccio con due libre et mezza di zuccaro fino fatto in polvere, et mezza oncia di anici crudi, overo pitartamo pesto, et un grano o due di muschio fino, et mettanosi con esse libre due et mezza di farina, et battasi ogni cosa per tre quarti d’ora, di modo che venga la pasta come quella delle frittelle, et lascisi riposare per un quarto d’hora, et ribbattasi un’altra volta, poi si habbiano apparecchiati fogli di carta fatti a lucerne onti, overo tortiere alte di sponde con cialde sotto senza essere bagnate di cosa alcuna, et dapoi mettasi essa pasta dentro le lucerne, o tortiere, et non sia d’altezza più che la grossezza d’un dito, et subito si spolverizzino di zuccaro, et ponganosi nel forno che sia caldo, overo quelle delle tortiere, cuocanosi come le torte, et come tal pasta sarà sgonfiata, et haverà in tutto persa l’humidità, et sarà alquanto sodetta, cioè sia come una focaccia intera, cavisi dalla tortiera o lucerna, et subito si taglino con un coltello largo e sottile a fette larghe due dita, et lunghe a beneplacito, et rimettanosi nel forno con fogli di carta sotto a biscottarsi, rivoltandoli spesso, però il forno non sia tanto caldo come di sopra, et come saranno bene asciutte, cavinosi, et conservinosi perché sono sempre migliori il secondo giorno che il primo, et durano un mese nella lor perfettione…

[3] La ricetta dei Mostaccioli alla milanese di Bartolomeo Scappi: … Piglisi quindeci uove fresche, et battanosi in una cazzuola, et passinosi per lo setaccio con due libre et mezza di zuccaro fino fatto in polvere, et mezza oncia di anici crudi, overo pitartamo pesto, et un grano o due di muschio fino, et mettanosi con esse libre due et mezza di farina, et battasi ogni cosa per tre quarti d’ora, di modo che venga la pasta come quella delle frittelle, et lascisi riposare per un quarto d’hora, et ribbattasi un’altra volta, poi si habbiano apparecchiati fogli di carta fatti a lucerne onti, overo tortiere alte di sponde con cialde sotto senza essere bagnate di cosa alcuna, et dapoi mettasi essa pasta dentro le lucerne, o tortiere, et non sia d’altezza più che la grossezza d’un dito, et subito si spolverizzino di zuccaro, et ponganosi nel forno che sia caldo, overo quelle delle tortiere, cuocanosi come le torte, et come tal pasta sarà sgonfiata, et haverà in tutto persa l’humidità, et sarà alquanto sodetta, cioè sia come una focaccia intera, cavisi dalla tortiera o lucerna, et subito si taglino con un coltello largo e sottile a fette larghe due dita, et lunghe a beneplacito, et rimettanosi nel forno con fogli di carta sotto a biscottarsi, rivoltandoli spesso, però il forno non sia tanto caldo come di sopra, et come saranno bene asciutte, cavinosi, et conservinosi perché sono sempre migliori il secondo giorno che il primo, et durano un mese nella lor perfettione (Scappi 1570: 357 r e sg.).

[4] La ricetta dei Morselletti di Bartolomeo Scappi: …Piglisi biscotto fino fatto di pan bianco, pestisi nel mortaro, et habbianosi dapoi dodeci uove fresche, et battanosi ene con due oncie di greco, o di malvagia, et due oncie di lievido fresco, e due libre di zuccaro fino, fatto in polvere, et diece oncie del sopradetto biscotto pesto, et passato, et per un’hora battasi ogni cosa insieme con due grani di muschio, et poi tengasi l’ordine di fare, et cuocere che si tiene nel capitolo sopradetto, et habbiasi avvertenza che non vogliono il foco tanto gagliardetto, et verranno del colore delli mostaccioli, et tali biscotti si usano a mangiare il Verno con buon vino ( vedi nota precedente c. 357r).

[5]Dalla lettera di Francesco a Jacopa dè Settesoli: …A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco, poverello di Cristo, augura salute nel Signore e comunione nello Spirito Santo. Sappi, carissima, che il Signore benedetto mi ha fatto la grazia di rivelarmi che è ormai prossima la fine della mia vita. Perciò, se vuoi trovarmi ancora vivo, appena ricevuta questa lettera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli. Poiché se giungerai più tardi di sabato, non mi potrai vedere vivo. E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura. Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma…

[6]La ricetta dei Mostaccioli di nonna Santina prevede i seguenti ingredienti: un kg di miele, un kg di farina 0, 500 g di gherigli di noci, un bicchiere di olio extravergine di oliva, un bicchiere di vino bianco, un cucchiaino da té di pepe nero, un’arancia non trattata. Per la preparazione disporre la farina a fontana sulla spianatoia ed aggiungere gli ingredienti. I gherigli devono essere tagliati a pezzi piuttosto grossolani e la buccia dell’arancia, privata della parte bianca, deve essere tagliata a filetti sottili. Impastare, utilizzando solo la farina che la massa raccoglie, lavorare l’impasto e poi prelevarne una piccola quantità da stendere con il mattarello (mm 5). Imprimere lo stampo e tagliare a rombo con un coltello. Disporre i mostaccioli in una teglia foderata di carta forno e cuocerli a 180 °C per circa 15-20 minuti. Lasciar raffreddare e conservare in un contenitore ermetico. Il biscotto avrà una consistenza durissima e tale rimarrà per molto tempo.

[7] Ricetta dei mustazzolos campidanesi prevede: un kg di farina tipo 0, un kg di zucchero, un limone, un cucchiaino di polvere di scorze d’agrumi essiccate, una presa di anice stellato in polvere, mezzo cucchiaino di polvere di chiodi di garofano, un cucchiaio raso di cannella in polvere, un cucchiaio raso di bicarbonato di sodio, g 500 di acqua, g 30 di lievito di birra, g 25 di strutto, un cucchiaino di miele, strutto per ungere la teglia e farina per lo spolvero q.b. Per la glassa occorrono: g 300 di zucchero a velo, 2/3 albumi d’uova, succo di limone o liquore a piacere, sale quanto basta.

Preparazione: disporre a fontana la farina, versare lo zucchero, il limone grattugiato, la polvere di agrumi, le spezie, il bicarbonato e l’acqua tiepida, nella quale è stato stemperare il lievito insieme ad un cucchiaio di strutto, un cucchiaino di miele ed uno zucchero. Amalgamare tutti gli ingredienti, lasciar riposare per due giorni. Lavorare sulla spianatoia l’impasto, ritagliare un pezzo di pasta e lavorarla con un mattarello fino allo spessore di circa 6 mm, ritagliare con l’apposito stampo a rombo i mostaccioli. Infornare a 180°C per venti minuti. Preparare la glassa con zucchero a velo, albumi, un pizzico di sale, un po’ di succo di limone e un cucchiaio di liquore a piacere. Quanto si sarà formata una crema liscia e malleabile, prendere un pennello e passarlo sui mostaccioli.

Foto e immagini: Ilaria Ianni (copertina), Sandra Ianni (mostacciolo calabrese), foto degli stampi (https://www.tusciaromana.info/3Cultura/c_tra_cuc_stampimostaccioli.htm), altre immagini di mostaccioli CC

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